Trascriviamo alcune considerazioni espresse dal musicologo Marcello Piras alcuni decenni fa sullo studio e diffusione in Italia della musica afroamericana. Riflessioni che potrebbero essere state scritte ai giorni nostri perché ancora attuali.
“Nel frattempo, però, i critici analfamusici aumentano. Nell’attuale mondo, dominato da una “informazione” senza informazioni, di jazz si parla sempre di più, dicendo sempre di meno. Nei quotidiani sta addirittura scomparendo la figura dell’esperto di jazz, che con tutti i suoi limiti era comunque una garanzia, in quanto era di solito persona informata, addentro al codice e al gergo, anche se spesso di gusti limitati. Dal’inizio degli anni Ottanta il giovane praticante può scrivere di jazz solo se si occupa anche di rock, musica leggera ed etnica. E naturalmente lo fa: scrive oggi di Miles Davis, domani di Claudio Baglioni e dopodomani di un balletto senegalese con identica, placida indifferenza. Egli non preferisce l’una cosa all’altra, è solo incapace di preferire: alle sue orecchie bombardate tutto sembra buono. E la spaccia per apertura mentale; si vanta di ascoltare “tutta la musica”, senza capire che è proprio questo il suo difetto: non riesce a non ascoltare la cattiva musica. Mentre musicisti e studiosi sono sempre più preparati e professionali, i cronisti lo sono sempre meno.”