Si può affermare che le strade percorse dalla musica cubana e dal flamenco si uniscono e si separano, confondendosi.
Chi dice rumba non sa se dire Spagna o Cuba, chi di rumba non sa se pensare alle camicie volanti dei rumberi cubani o alle chitarre che volano tra le mani di un gitano barcellonese, chi dice rumba, in fin dei conti, sta pronunciando la parola magica che unifica due culture, gettando un ponte tra Cadice e L’Avana.
A Cuba con il nome generico di rumba si raggruppano una serie di generi musicali e danzari che sono essenzialmente un conglomerato di elementi dispersi che si sono cristallizzati nei distinti processi di fusione avvenuti principalmente con l’avvento di una coscienza nazionale nell’isola, propiziata in parte con l’abolizione della schiavitù nell’anno 1886.
Il carattere profano che prevale nella celebrazione delle rumbe nelle zone portuarie, in contrapposizione con il senso religioso di gran parte delle attività musicali che si avevano tra schiavi e liberti di origine africana nella Cuba del secolo XIX, a cui inizialmente partecipavano gli afrocubani di una determinata comunità, facilitò la fusione di differenti etnie e di conseguenza la miscela di differenti elementi rituali e profani dispersi. Questa fusione è ciò che propiziò allora la gestazione di un tipo di festa sempre più popolare negli ambienti urbani che fu conosciuta con il nome di rumba.
Il vocabolo rumba è etimologicamente imparentato con altre parole di chiara origine afroamericana come sono tumba, macumba, tambo, tango o fandango e altre, che alludono a riunioni festive di carattere collettivo e profano dei diversi gruppi con antecedente africano, uniti per un destino comune.
La rumba, come festa e genere musicale interpretato da suonatori e cantanti, si realizza fondamentalmente dentro l’ambiente familiare nei così chiamati solar delle città, formati da un patio centrale circondate da case dove vivono diverse famiglie, allo stile dei corral che abbondavano a Madrid, nonché nei punti abituali di ritrovo dei quartieri suburbani. Lì si davano appuntamento oltre le persone di origine africana, anche la popolazione bianca povera che era arrivata a Cuba in qualità di operaio salariato o per occuparsi di piccoli affari come la bottega, la tintoria, la vendita di cibo. Tutta questa molteplicità etnica favorì la nascita di questo complesso genere.
Senza la partecipazione di tanti e così vari ingredienti non sarebbe stata possibile la nascita della rumba nel modo in cui oggi la conosciamo.
A un ascolto attento di un guaguancò o di una columbia, con il suo lamento iniziale, ci rivelano elementi ispanici arricchiti da casse e tamburi, sonorità queste tipiche dell’Africa atterrate a Cuba ed adattatesi alla terra americana nelle forme di espressione realizzatesi nel Nuovo Mondo.
L’abolizione della tratta e della schiavitù ebbe un enorme importanza sociale, come è facile capire, e circa 300.000 persone si ritrovarono, dalla sera alla mattina, liberi.
La libertà, lontano dall’essere una soluzione ai problemi di queste persone, si venne a sommare alle già enormi difficoltà di integrazione che sempre hanno avuto gli africani nelle società gerarchizzate imposte dagli europei in America. La città perciò offriva maggiori possibilità di vita rispetto a quelle che le campagne potevano dare, limitate alla industria dello zucchero e del tabacco. La città invece offriva loro più ampie possibilità per ottenere un lavoro ed è precisamente in questo contesto sociale che si forma il tipo di festa di cui stiamo parlando.
Per ciò che riguarda gli strumenti con i quali si interpreta la rumba, ai suoi inizi era frequente l’utilizzazione delle casse usate per contenere il baccalà salato importato, fatte di un buon legno.
Nel naturale processo di evoluzione sonora i musicisti portarono, poco a poco, il numero di tamburi a tre, di diverse dimensioni. Il più piccolo, che copre il registro acuto ed è usato per commentare la rumba con i suoi tocchi, ebbe il nome di “quinto”.
Il secondo tamburo porta il nome di “tres-dos”, chiamato così perché il suo suono si basa sulla chiave della rumba, che ha una distribuzione di accenti corrispondenti a cinque colpi, distribuiti in tre e due. Viene anche chiamato “macho” in quanto la sua sonorità copre il registro medio. Quello più grande è il “salidòr”, quello che “rompe la rumba”, quando la musica raggiunge il suo “climax” , con notevole suggestione per chi sta ballando. Chiamato anche “hembra” per il suo suono grave che identifica la madre terra. Con il tempo l’uso delle casse divenne antiquato, i suonatori si furono professionalizzando e optarono per i tamburi a forma di barile che oggi conosciamo come tumbadoras (congas). Tre tumbadoras sostituirono quindi le antiche casse (cajòn) nella interpretazione della rumba. Il cajòn non è andato completamente in disuso e oggi è possibile vederlo suonare accanto ai nuovi tamburi.
Davanti la necessità di uno stabilizzatore ritmico per regolare la poliritmia prodotta dal cajòn e dalle tumbadora, si è reso necessario introdurre un nuovo componente timbrico i cui colpi sulle pelli con due bacchette eseguono un ritmo che aiuta a evidenziare una referenza metrica costante. All’inizio si usava colpire con un cucchiaio il cajòn, in seguito si sostituì il cajòn con un tronco vuoto. Questo strumento si conosce oggi come catà.
Il gruppo dei suonatori è infine integrato dal suono delle claves (bastoncini di legno), sempre al fine di stabilizzare la poliritmia della musica.
Come accade nel canto flamenco nel cosiddetto “tercio de salida” , ossia quei versi cantati al momento in cui inizia il ballo, il canto nella rumba è quasi sempre preceduto da un frammento melodico principalmente melismatico (vocalizzi come lalala o lerelelelè) che prende il nome di diana.
Un testo, di solito improvvisato, propone una tematica determinata sulla quale si svilupperà la rumba. La decima, strofa maggiormente utilizzata nella interpretazione del punto guajiro e preferita dai trovatori, è anch’essa molto usata dai rumberi. Dopo questa parte iniziale, viene quella in cui “si rompe la rumba”, cioè quando entrano nello scenario musicale i tamburi, la clave e il catà, con i loro tocchi corrispondenti. A partire da quel momento il cantante solista inizierà a proporre ritornelli che saranno ripetuti dal coro.
La rumba a Cuba è un complesso di vari generi con differenti strutture e anche con molti elementi in comune. Nel corso del suo sviluppo, avvenuto in diverse parti dell’isola, si sono nel tempo cristallizzati diversi modi si suonare la rumba, secondo i luoghi e secondo gli ambienti che hanno fatto da culla al suo nascere. Città portuarie importanti come L’Avana e Matanzas posseggono il certificato di battesimo di questi generi. Le differenti varianti locali si sono con il tempo unite in prototipi fondamentali che sono giunti ai giorni nostri e che ora si ascoltano in qualsiasi solar della regione.
La jiribilla, il palatino e la resedà sono termini che indicano varianti generiche di rumbe antiche, ma le rumbe che vengono suonate oggi sono principalmente il guaguancò, la columbia e lo yambù. Di questi tre è il guaguancò il genere che gode di grande popolarità e forza. Lo yambù è già da anni in fase di decadenza e attualmente viene proposto in forma esclusiva da gruppi danzari professionali.
Lo yambù è una forma di rumba lenta dove i ballerini prendono le attitudini proprie della vecchiaia e trattano di evidenziare con i loro passi le difficoltà, la goffagine e gli impedimenti propri degli anziani.
La columbia è solitamente il ballo di un solo uomo, fatto propiziato dalle sette che ancora oggi esistono a Cuba, come la società segreta abakuà. I movimenti nel ballo della columbia sono estremamente rapidi e convulsivi e in alcuni ballerini realmente acrobatici. Il dialogo musicale-danzario che di solito si stabilisce tra il suonatore del “quinto” e il ballerino si esprime maggiormente in una competizione o controversia per dimostrare le attitudini di ognuno degli interpreti. In questo tipo di rumba vengono impiegati, nel testo cantato, parole provenienti dal vasto repertorio linguistico africano.
Sull’origine della columbia il musicologo cubano Argeliers Leòn indica probabilmente un antico insediamento nella provincia di Matanzas, chiamato appunto Columbia, il luogo dove pare si sia formato. I luoghi dove erano presenti aziende per la produzione dello zucchero propiziarono l’incontro tra uomini di diversa origine africana che, nei momenti di ozio, si esibivano ballando da soli al suono dei tamburi potendo dimostrare, altresì, le loro doti danzarie con movimenti convulsivi di grande impeto.
Il guaguancò è invece, ad oggi, la modalità rumbera più apprezzata da chi suona, da chi balla e da chi ascolta. Con il testo viene narrato un fatto accaduto, con l’uso della decima, anche se a volte sono impiegati versi ottosillabi o in prosa. Nel guaguancò primeggia la controversia fra cantanti ed è frequente che un cantante tolga a un altro la guida del cantato. Nel ballo si partecipa in coppia sciolta, con passi più rapidi rispetto allo yambù o alle rumbe più antiche (le rumbe de tiempo España), ma non raggiungono il virtuosismo o il carattere acrobatico che esiste nella columbia. Nel danzare si assiste a una continua azione di corteggiamento dell’uomo verso la donna, con accerchiamenti e schivate. Il ballo raggiunge il suo emblematico momento quando l’uomo compie, senza smettere di ballare, un gesto rapido con la mano, con la gamba o mediante un colpo pelvico, che simbolizza l’atto di possesso. Il ruolo principale della ballerina è quello di schivare con tutti i mezzi coreografici possibili il suo contendente coprendosi la zona pelvica con la mano, la gonna o facendo un giro su se stessa simulando il sottrarsi dalle pretese. Il gesto possessivo viene chiamato “vacunao”. Il ballo si conclude con un gesto dell’uomo che evidenzia l’atto possessivo se avvenuto, o al contrario, della donna a dimostrazione, per il pubblico presente, dell’incapacità dell’uomo di possederla.
La Rumba Flamenca
Le origini della rumba flamenca risalgono a un modo singolare di interpretare alcuni tipi di guaracha o rumbe che erano proprie del repertorio del teatro vernacolare avanero di fine secolo XIX. Alcuni cantori che si cimentavano nei recenti stili di flamenco di allora, viaggiarono a Cuba e portarono con loro, al ritorno, delle rumbe che adattarono alla loro forma di cantare, afflamencandole e conseguentemente le integrarono al repertorio del flamenco.
La rumba nasce quindi dalla dissoluzione di elementi della guaracha che, insieme ad altri elementi del complesso generico del tango, imparentati con il carattere ritmico-armonico della musica cubana, diedero forma alle rumbitas, rumbas e chuflas.
La rumba flamenca prende il nome certamente dalla rumba cubana, ma le sue strutture rispondono più a modelli che a Cuba si trovano nella guaracha e nel son, più che nella rumba propriamente detta.
La musica sulla quale sono suonate le rumbe flamenco è, in definitiva, uno sdoppiamento ritmico del tango. Sul piano melodico la rumba risponde a modelli più antillani e prescinde dall’armonia melodica flamenca come risorsa espressiva e prescinde dall’uso di elementi propri del canto flamenco e si attiene a uno stile canoro più sillabico.
La forma adottata dalle rumbe flamenco è a somiglianza dei modelli imposti dalla musica cubana, come i cori in forma di risposta e l’improvvisazione, non presenti nell’estetica flamenca.
Per quanto attiene la strumentazione usata dalla rumba flamenca, al formato basico della chitarra, palmi e jaleo si sono aggiunti altri strumenti tipici della musica cubana, come le tumbadoras, il basso, le bacchette e le campane. La presenza del cajòn peruviano introdotto dal percussionista brasiliano Rubem Dantas del sestetto di Paco de Lucia, è oggi imprescindibile nella interpretazione della rumba flamenco.
Il ballo flamenco ha trovato nella rumba uno dei ritmi più suggestivi e sensuali di riferimento. I movimenti pelvici, il provocativo dimenare delle spalle e del torace hanno trasformato il ballo della rumba in un’esibizione di sensualità tipica antillana.
Questa caratteristica ha certamente contribuito alla diffusione della rumba flamenca come genere sollecitatissimo dal gran pubblico.
Una esplosione di rumbe flamenco si ebbe negli spettacoli dei café cantanti di tutta la Spagna, grazie all’impegno di impresari catalani. È per questo che si è creduto e ancora oggi si crede che la rumba flamenco abbia la sua origine in Catalogna.