Quando gli altri dormivano, lui Don Carlos cantava, provando la sua voce alle prime ore del mattino, quando la maggior parti delle voci erano silenziose.
E quelle sere nella sua nativa Giamaica, passate a cantare insieme a suo padre nella loro casa, mentre suo padre si dedicava a cucire pantaloni. Sono questi i ricordi più belli che l’artista con piacere racconta. “Quando iniziai a cantare la gente mi diceva -Yeah, hai una bella voce- e lo dicevano anche a mia madre -Quel ragazzo sarà un cantante. La musica è venuta a me, non so nemmeno come è successo.” Dice l’oggi 67enne artista.
Carlos è una persona semplice, con un passato non accomodante. Nacque a Bread Lane ma crebbe a Waterhouse, un sobborgo di Kingston, in Giamaica, uno dei posti più poveri e difficili da vivere. “Crescere a Waterhouse mi ha insegnato ad essere più forte e attesta quello che sono io oggi, perché è veramente un brutto posto, c’era tanta corruzione e dovevi prestare molta attenzione per sopravvivere”.
A parte il postaccio, c’è un altro motivo per cui Waterhouse è famoso, cioè la musica reggae. Venivano da lì King Tubby, Junior Reid, The Jays e King Jammy. E poi ci sono i Black Uhuru, una delle band di seconda generazione di maggior successo. Il gruppo che avrebbe vinto il primo Grammy quale miglior album reggae del 1985 e che fu fondato da Carlos, Garth Dennis e Derrick Simpson nel 1972.
Carlos avrebbe poi lasciato gli Uhuru per intraprendere la carriera da solista, costellata di successi determinanti come “Night Blues”, Nice Time Tonight”, “Dice Cup” “Spread Out” e altri.
La sua voce liscia e straordinariamente rilassante sarebbe sicuramente capace di abbassare la pressione sanguigna all’ascoltatore.

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