Da un’intervista a Paolo Fresu.
“Mi esibisco spesso in solitudine perché lo trovo un modo per ritrovarmi e al tempo stesso una sfida. Spingere la musica in una direzione sconosciuta, ampliare le capacità dello strumento o degli strumenti grazie anche all’uso dell’elettronica, in un luogo completamente acustico. In fondo con una nota si può raccontare il mondo e un suono acustico naturale può regalare emozioni uniche.
Uso l’elettronica da più di venti anni per filtrare il suono della tromba con delay, harmonizer, e altre varie diavolerie. Decisi di iniziare a suonare con l’elettronica perché all’origine volevo risolvere il problema del rapporto conflittuale con i tecnici del suono e con gli impianti. In ogni luogo che vai trovi un’acustica diversa e trovo che la qualità del suono è fondamentale perché è questa che poi ti porta a suonare in un modo o in un altro, a suonare bene o a suonare male. Se senti il suono giusto suoni bene, se non ti riconosci nel tuo suono inevitabilmente si sterilizza tutto e diventa tutto estremamente piatto. È fondamentale avere quindi sempre lo stesso tipo di suono che ti piace e che ti dà la linfa alla quale attingere per trovare idee. Riguardo la registrazione digitale sono assolutamente d’accordo. Certo, i suoni analogici sono diversi. In questo momento uso tre macchine, tre effetti elettronici di cui due bellissimi digitali che sono due TC Electronic e ho un vecchissimo effetto della Digitek che è un harmonizer analogico che non si trova più in commercio e alla fine il calore che mi da quel suono non lo trovo altrove. L’utilizzo dell’elettronica è per me un modo per tornare indietro nel tempo, lo strumento per ritrovare una tribalità e un aspetto quasi primitivo della musica che sta in un harmonizer non perfettamente intonato, qualcosa che sa di Africa, di Oriente. L’utilizzo della tecnologia per ritrovare una strada che ti porta verso altri luoghi, altri lidi e altri tempi.”