Dietro la porta, tra le fotografie e i poster che coprono la parete, ce n’è uno con una sagoma di una tumbadora e due mani sopra le pelli. Basta questa immagine e dieci lettere: Tata Güines, per sapere di trovarci di fronte a uno dei virtuosi della musica cubana. La sua inventiva ritmica, la sua versatilità e audacia stilistica sono leggendarie e il suo sabor risulta inconfondibile sia per il pubblico euforico per la sua contundente spettacolarità, sia per i suoi ammiratori, presi a scoprire i suoi segreti nascosti nelle sue robuste unghie, nei polpastrelli e nei palmi di quelle mani capaci di ottenere dai tamburi un’incredibile molteplicità di suoni acuti, secchi, pastosi, gravi, intensi.
Mentre porta i suoi colpi sulla membrana, le sue mani sono vivaci però non brusche, e spiccano quando si alzano mentre lui sorride con quello sguardo attento rivolto ai variopinti paesaggi della sua terra natìa, Güines.
Nella festosa Güines nessuno poteva immaginare che un giorno il suo nome potesse essere conosciuto in tutto il globo, grazie a Federico Arìstides Soto Alejo, Tata, il maggiore dei figli di Joseito, il suonatore di tres, il tagliatore di canna da zucchero dell’azienda Providencia e occasionale agricoltore.
(tratto da un’intervista di Mayra A. Martinez)

 

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