“Eccitati e un po’ nervosi, io, Marlene e Dream andammo allo studio. E c’erano i Wailing Walers, che furono sorpresi di vederci ma anche interessati. Fu grande: dopo qualche canzone, Coxsone chiese a Robbie di suonare la chitarra per farne insieme qualcun’altra.
Tutti e tre i Wailers notarono con piacere che io e Dream avevamo un bell’affiatamento, che ci eravamo esercitati con disciplina; e poi aveva la sua importanza il fatto che a portarci lì da Coxsone fossero stati musicisti più anziani. Robbie in special modo vedeva tutto ciò in maniera molto positiva. E io penso che cominciò anche a sentirsi attratto da me. Ma quella prima volta io vagavo con la testa, non ero concentrata effettivamente su nessuno di loro. Mi bastava l’emozione di essere lì da Coxsone! Dove potevi vedere quelli che ascoltavi per radio!
Potevo immaginare che di lì a pochi mesi Robbie Marley, il chitarrista timido, sarebbe diventato l’amore della mia vita? Potevo sospettare che un giorno sarebbe stato una grande potenza, conosciuto in tutto il mondo, un’icona della storia della musica?
No, non potevo. Nella mia testa c’era solo l’imperativo della Zia: «Non provarci neanche a tirar tardi, perché devi allattare la bimba quando si sveglia!».”
“Lo Studio One era stato probabilmente un appartamento prima che Coxsone lo comprasse. Lui aveva buttato giù le pareti, ma era facile immaginare dove fosse stata la stanza da letto e dove la cucina, la sala. In un posto così ti sentivi come a casa, più che una questione di lavoro pareva una faccenda di famiglia. Quando qualcosa veniva bene, si eccitavano tutti: i musicisti, i cantanti, l’uomo alla porta. E lo slogan era: «Oggi facciamo un pezzo di successo». «Facciamo» voleva dire che quel pezzo era di tutti. Si stava là per giorni e notti ma nessuno se ne lamentava: era un piacere svegliarsi con l’idea di andare in studio quel giorno.
Coxsone aveva registrato alcuni dei gruppi di maggior successo in Giamaica, tra cui i celebri Skatalites, una delle originarie formazioni ska. (La parola «ska» viene da un certo suono prodotto dalla chitarra elettrica.) Marcia Griffiths, che più avanti avrebbe cantato con me nelle I-Three, disse che lo Studio One era la Motown della Giamaica, «la culla delle grandi stelle… come una università dove prendere la laurea». Un sacco di volte c’erano artisti diversi al lavoro nello stesso momento, dovunque ti giravi si scrivevano canzoni. Non potevi fare a meno di imparare, se solo tenevi le orecchie aperte. Coxsone aveva una chitarra che dava in prestito a chi era troppo povero per averne una sua. Quella chitarra era quasi sempre in mano a Bob.”
da No woman no cry La mia vita con Bob Marley di Rita Marley