La Kora è uno strumento tradizionale dell’etnia Mandinka, fa parte del gruppo dei cordofoni ed è diffusa in buona parte dell’Africa occidentale da dove arrivano anche i migliori musicisiti, Mali, Senegal, Guinea e Gambia. Il suono è molto simile a quello di un’arpa. Il suonatore di Kora viene detto jali; in genere appartiene a una famiglia di griot, ovvero di cantastorie ed è esclusivamente un maschio.
La cassa di risonanza della Kora, considerata un’arpa liuto, è costituita da una mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle di animale, generalmente di mucca o antilope. Sulla cassa è infisso un manico da cui partono le corde che nella composizione standardne sono 21, tradizionalmente fatte di cuoio ma oggi sono molto usate anche le corde d’arpa o il filo di nylon. Le corde si inseriscono, in due file parallele rispettivamente di 10 ed 11, fissate su di un ponticello perpendicolare al piano armonico. Esistono anche varianti di Kora a 23, 25, 27 fino ad un massimo di 28 corde. Esistono anche varianti di kora a 23, 25, 27 fino ad un massimo di 28 corde, corde aggiuntive (fino a quattro) dedicate ai bassi. Le corde sono legate al manico da anelli di pelle e spostando tali anelli si può variare l’accordatura dello strumento. La tradizione prevede quattro diverse accordature, dette tomora ba (o sila ba), hardino, sauta e tomora mesengo che collimano grosso modo alla scala maggiore, alla scala minore, alla scala lidia e alla scala pentatonica.
La Kora, suonata da Seckou Keita è anche la protagonista dell’ultimo album di Omar Sosa dal titolo Trasparent water.
Il Gravikord è la versione elettrica della Kora. È stata inventata verso la fine del secolo da Robert Grawi, e viene oggi usata da molti musicisti africani, così Foday Musa Suso, per esempio, suona il Gravikord in alcuni brani di Herbie Hancock.